martedì 13 novembre 2018

C'E' BIO...... E BIO


Molto spesso mi sono trovata a discutere su ciò che sembra stia accadendo riguardo la scelta del cibo. Pare che il consumo di massa abbia subito ultimamente una virata verso la ricerca di prodotti biologici e, almeno in apparenza, di buona qualità. Il cambiamento delle richieste d'acquisto è sotto gli occhi di tutti, basta accendere la televisione per rimanere esterrefatti dalla quantità di prodotti biologici pubblicizzati durante le réclame, dal decisivo cambio di rotta dei colossi del cibo industriale e dei maestri della non tracciabilità della materia prima, che ora fanno pubblicità dove accarezzano il grano come un cucciolo di cane e dicono sonori “no” prima di trovare la farina giusta.
La domanda viene spontanea: è il “popolo” che è diventato più consapevole, costringendo i grandi marchi ad adattarsi alla nuova richiesta, o è la grande distribuzione che ha indotto questo cambiamento per motivi di business?
Di fatto però è indubbio che il consumatore medio ora è più attento a ciò che consuma, ma questa presa di coscienza dei consumatori che a gran voce chiedono cibo sano, nasconde purtroppo risvolti torbidi. Innanzi tutto siamo sicuri che una grande multinazionale non può essere così potente da trovare escamotage per aggirare la normativa, utilizzando dei cavilli?
Un esempio illuminante di queste pratiche si può trovare nell'inchiesta di rai3 “indovina chi viene a cena” a paritre dal minuto 33':
Un altro grosso interrogativo è capire se le persone che producono e trasportano le materie prime di queste Aziende vengano pagate il giusto prezzo; i grossissimi dubbi in merito derivano dal fatto che il prezzo al consumatore in genere è basso, troppo basso, dato anche il costo per il trasporto del prodotto prima di arrivare allo scaffale e considerato che il mantra delle grandi aziende è massimizzare il profitto. Già questo è il primo neo: qualcuno nella filiera di produzione molto probabilmente viene sfruttato, qualcun altro non ottiene la giusta ricompensa e quindi quasi certamente dovrà trovare il modo di abbattere i costi di produzione, per cui il suo prodotto non sarà davvero così buono; pertanto quel contadino (italiano?) sottopagato non andrà nei suoi campi ad accarezzare il grano, ma sarà lì a scervellarsi ed a pensare dove comprare semi l'anno successivo a un prezzo minore di quanto li ha pagati quest'anno, a pensare come risparmiare nella produzione per poter sopravvivere e non dover andare a gambe per aria.
Ed ecco che noi consumatori, convinti di aver fatto una scelta oculata, nel piatto ci troviamo un prodotto bio con molti punti interrogativi: da dove viene? Come è stato coltivato? Hanno seguito principi etici dalla semina al raccolto? Che impatto ambientale ha questo prodotto? Sarà veramente buono per la mia salute?
Come si fa ad avere delle certezze rispetto a quello che mangiamo? Conoscendo e vedendo con i propri occhi chi lo produce e in che modo lo produce. Quindi comprando nei gruppi di acquisto solidale e nelle piccole Botteghe come la nostra.
Facciamoci delle domande e cerchiamo le risposte.
La consapevolezza è la cosa più importante, sempre.