venerdì 24 agosto 2012

Co-working a Vilnius, Lituania

La mobilità a Vilnius presso i colleghi lituani ha avuto luogo da martedì 17 a giovedì 19 luglio. Il primo giorno ci si è incontrati all’interno della sala conferenze dell’hotel  Algirdas, dove, dopo la presentazione delle molteplici attività dell’associazione ospitante guidate dal vulcanico Vladimir, la discussione è vertita su alcuni aspetti tecnici del c.d. ‘barcamp’, che i lituani si sono accollati e di cui  tuttavia nessuna associazione partecipante è particolarmente esperto.  In effetti, non tutte le difficoltà sembrano essere state appianate. Nel pomeriggio è seguita una visita guidata alle meraviglie del centro cittadino, prevalentemente neoclassico.
Il secondo giorno ci siamo incontrati proprio vicino ad un posto di coworking, all’interno di un centro commerciale, dove ha sede la ONG 'Avilys' finanziata dallo Stato e che ospita in alcune stanze dei giovani ‘smanettoni’.
(Quello di spalle è Alkys, il greco.)

Fa parte del circuito di The Hub .
Lo spazio è stato dedicato a queste attività da circa un anno e non è riuscito  a sostenersi, almeno fino il mese prima; frequentato da circa una quarantina di persone, si è raggiunto per la prima volta il pareggio solo dal mese appena concluso; d’altra parte, sosteneva la nostra guida Jonas, i prezzi sono molto competitivi a Vilnius e più di 60 euro al mese non si poteva chiedere a ciascuna persona. Lui è un volontario della ONG e sta lavorando per creare la comunità di persone, sia in questo spazio HUB, sia nell'acceleratore di impresa che avremmo visto l'indomani. Lo Stato aiuta a pagare l’affitto perché ritiene che il coworking abbia una ricaduta sociale positiva.

A pranzo siamo andati in un ristorante di insalate piuttosto elegante dove persone che hanno avuto problemi con alcool e altre sostanze lavorano ed imparano un mestiere dopo avere seguito un programma di circa 9 mesi. Mi ha ricordato, per certi versi, lo 'Spaccio' di San Patrignano. Il designer ha progettato gratis il posto ed i prezzi sono abbordabili, pur in una zona centrale della città. Lo Stato supporta parzialmente anche le attività di recupero come questa.
Nel pomeriggio è seguita la visita ad un castello in una città vicina, rifatto per i ¾ e che, ciò nonostante, sono riusciti a far fruttare come attrazione turistica; tra l’altro la stessa Vilnius era piuttosto affollata di turisti, soprattutto inglesi e americani.
Giovedì infine siamo andati con il pullman verso un quartiere appena periferico della città, dove è stato costruito un 'parco tecnologico'. Nel sottotetto era presente un incubatore di impresa del circuito di The Hub che ci ha colpito per l'età media piuttosto bassa dei frequentatori, quasi sempre sotto i 30. In questo posto vengono finanziati degli embrioni di impresa con un contributo fino a 14mila euro (2mila per l'idea e 3mila per ciascuna persona convinta a partecipare all'intrapresa, con un minimo di una persona da convincere e un massimo di quattro) mediante un programma di aiuto di tredici settimane, suddiviso in tre parti
Viene dato il posto come fosse un coworking; per 5 settimane si viene seguiti da un mentor (si sono costruiti una rete internazionale di persone che fanno consulenza gratuitamente, perfino Sunil dell'incubatore inglese si chiedeva come potessero strappare condizioni tanto favorevoli); sembra che le persone vogliano condividere le proprie esperienze per mettere sulla giusta strada nuove idee e dargli un indirizzo orientato al mercato. Nelle 3 successive si va alla ricerca dei potenziali clienti, a livello globale; si viene subito abituati a pensare globalmente. Infine la sperimentazione vera a propria del prodotto finito ad un gruppo di potenziali acquirenti. Si viene dunque 'cacciati' dalla casa del padre per affrontare il mondo 'adulto' degli affari nella realtà, pur mantenendo un legame ogni volta che si vuole con i propri ex-consulenti.
Si tratta, in effetti, di una 'venture capital' che richiede, in cambio del proprio investimento, il 10% delle azioni della società nascente. Quindi hanno tutto l'interesse che l'azienda vada bene, per poter far fare ritorno al proprio capitale.  Fino a quel momento erano partite circa quattro-cinque aziende, a vari livelli; se anche un dieci per cento resiste qualche anno si è già ripagata, e se almeno una diventa di successo, l'investimento è ampiamente ripagato. Sembra che siano soprattutto altre aziende a mettere il capitale di rischio, sperando nella nuova google o microsoft o facebook che faccia il botto. In fondo anche Tiscali in Italia è nata così. Pare che trovare dei finanziatori per loro sia piuttosto facile, essendo in contatto con il mondo degli affari di tutto il pianeta.

Quasi tutti i progetti sono di IT (Information Technology), anche perchè il mercato è globale per loro, perchè è il settore più moderno e redditizio, perchè è basato solo su idee, che poi vanno sviluppate magari altrove; infatti buona parte delle persone si sono poi spostate in UK o USA per imparare, per crescere. Lingua ufficiale ovviamente l'inglese: quando una signora dall'inglese stentato ha chiesto se potevano partecipare al progetto anche chi non parlava la lingua di Albione  loro hanno strabuzzato gli occhi.  C'era anche un italiano tra gli 'incubati', indistinguibile dagli altri tre stranieri del suo progetto; questo per dire che sono una classe di persone che hanno molte più cose in comune, come un certo linguaggio tecnico-economico fatto di abbreviazioni spinte all'americana e una mentalità votata all'impresa, di quante li differenzino, come la provenienza.
Siamo andati poi al piano di sotto a fare altre domande: il posto è aperto sempre (24/7, come si dice) e c'è una persona stipendiata; le persone lavorano al proprio progetto con l'energia e l'entusiasmo del ventenni esploratori, lavorando sodo fino a scoppiare, come non potrebbero e non vorrebbero fare appena passati i venti. Si percepiva una certa concentrazione e orgoglio sul proprio mondo di giovani, imprenditori, globali. Noi eravamo forse visti come turisti della conoscenza, comunque erano contenti di aprire il proprio ovile ai neofiti; Luca Nanni è stato l'unico, ad ogni modo, ad accettare l'invito all'incontro serale con un guru delle nuove imprese di venture capital. Gli inglesi bramavano ma avevano l'aereo.
Anche qui comunque creare la comunità è stato un processo lungo e per continuare il quale il giovanissimo Jonas, la stessa guida della mattina, ci avrebbe lasciato di lì a poco. Anche in questo caso il suo è volontariato.
In definitiva, Vilnius è sembrato un ambiente piuttosto dinamico, accompagnato dallo Stato e da una gioventù piuttosto attiva e nomadica.