Molto spesso mi sono
trovata a discutere su ciò che sembra stia accadendo riguardo la
scelta del cibo. Pare che il consumo di massa abbia subito
ultimamente una virata verso la ricerca di prodotti biologici e,
almeno in apparenza, di buona qualità. Il cambiamento delle
richieste d'acquisto è sotto gli occhi di tutti, basta accendere la
televisione per rimanere esterrefatti dalla quantità di prodotti
biologici pubblicizzati durante le réclame, dal decisivo cambio di
rotta dei colossi del cibo industriale e dei maestri della non
tracciabilità della materia prima, che ora fanno pubblicità dove
accarezzano il grano come un cucciolo di cane e dicono sonori “no”
prima di trovare la farina giusta.
La domanda viene
spontanea: è il “popolo” che è diventato più consapevole,
costringendo i grandi marchi ad adattarsi alla nuova richiesta, o è
la grande distribuzione che ha indotto questo cambiamento per motivi
di business?
Di fatto però è
indubbio che il consumatore medio ora è più attento a ciò che
consuma, ma questa presa di coscienza dei consumatori che a gran voce
chiedono cibo sano, nasconde purtroppo risvolti torbidi. Innanzi
tutto siamo sicuri che una grande multinazionale non può essere così
potente da trovare escamotage per aggirare la normativa, utilizzando
dei cavilli?
Un esempio illuminante di
queste pratiche si può trovare nell'inchiesta di rai3 “indovina
chi viene a cena” a paritre dal minuto 33':
Un altro grosso
interrogativo è capire se le persone che producono e trasportano le
materie prime di queste Aziende vengano pagate il giusto prezzo; i
grossissimi dubbi in merito derivano dal fatto che il prezzo al
consumatore in genere è basso, troppo basso, dato anche il costo per
il trasporto del prodotto prima di arrivare allo scaffale e
considerato che il mantra delle grandi aziende è massimizzare il
profitto. Già questo è il primo neo: qualcuno nella filiera di
produzione molto probabilmente viene sfruttato, qualcun altro non
ottiene la giusta ricompensa e quindi quasi certamente dovrà trovare
il modo di abbattere i costi di produzione, per cui il suo prodotto
non sarà davvero così buono; pertanto quel contadino (italiano?)
sottopagato non andrà nei suoi campi ad accarezzare il grano, ma
sarà lì a scervellarsi ed a pensare dove comprare semi l'anno
successivo a un prezzo minore di quanto li ha pagati quest'anno, a
pensare come risparmiare nella produzione per poter sopravvivere e
non dover andare a gambe per aria.
Ed ecco che noi
consumatori, convinti di aver fatto una scelta oculata, nel piatto ci
troviamo un prodotto bio con molti punti interrogativi: da dove
viene? Come è stato coltivato? Hanno seguito principi etici dalla
semina al raccolto? Che impatto ambientale ha questo prodotto? Sarà
veramente buono per la mia salute?
Come si fa ad avere delle
certezze rispetto a quello che mangiamo? Conoscendo e vedendo con i
propri occhi chi lo produce e in che modo lo produce. Quindi
comprando nei gruppi di acquisto solidale e nelle piccole Botteghe
come la nostra.
Facciamoci delle domande
e cerchiamo le risposte.
La consapevolezza è la cosa più importante, sempre.
La consapevolezza è la cosa più importante, sempre.